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PartitoLiberaldemocratico

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Siamo sempre attenti e interessati a quanto accade nel mondo laico e riformista.

Anche a Como si è costituito il coordinamento provinciale del neonato Partito Liberaldemocratico, formazione che si propone di dare voce a un'area riformista, laica e pragmatica del panorama politico italiano. A guidarlo è Adria Bartolich, figura di esperienza nel mondo sindacale e sociale, che firma qui un intervento in cui illustra visione e obiettivi del nuovo soggetto politico.

IL NUOVO PARTITO LIBERALDEMOCRATICO
di
Adria Bartolich (*)

Il 9 giugno prossimo, l’on. Luigi Marattin presenterà a Como il nuovo Partito Liberaldemocratico.
Conosco tutte le perplessità del caso e le possibili obiezioni, ma come ? Un altro partito? Non se ne sentiva il bisogno. Oppure, bisogna stare tutti uniti! O ancora, siamo dentro un sistema bipolare, o si sta di qua o si sta di là. O si sta a destra o si sta a sinistra.
Sono tutte obiezioni di fase, legate alla costruzione di una vittoria elettorale per sconfiggere gli altri, che in questo caso di chiamiamo, con un termine molto generico
le destre.
Nello schema o è bianco o è nero, mancano tutta una serie di sfumature che rendono difficile, per molti, riconoscersi nelle posizioni rappresentate dai due schieramenti più grandi. Non solo, anche nelle possibili soluzioni ai grandi problemi che attraversano la società italiana.
Prova ne è l’alto astensionismo alle elezioni.
Sarò chiara, non credo che uno di questi sia la minaccia fascista. Certo qualcuno che si rifà a quell’ideologia esiste, ma il fascismo, sconfitto dalla storia, non tornerà.
La destra attuale non ha né la solida struttura organizzativa , né di pensiero del suo antenato.
Invito tutti a non leggere con categorie del passato, fenomeni nuovi.
Né è altresì vero che il populismo, o meglio la demagogia, sia un fenomeno solamente legato alla destra. La politica, almeno negli ultimi trent’anni, tutta, ha raccontato di soluzioni facili, mentre la complessità della fase politica ed economica che stiamo attraversando, ha bisogno di approfondimenti e di approcci nuovi, rispetto alle letture tradizionali.
Semplicemente perché, quello attuale, è un ciclo economico e politico del tutto inedito. conservatori con un capo di stato proveniente dall’ex KGB? O che la sinistra prendesse la gran parte dei voti nei ricchi centri storici delle città e la destra nei quartieri popolari delle periferie?
Si tratta di uno sconvolgimento planetario determinato dalla nuova organizzazione economica e sociale, dettata dalle nuove tecnologie, che creano nuove figure professionali e ceti sociali diversi da quelli a cui siamo abituati a pensare, con nuovi rapporti di forza e di potere.
Rompono i legami tradizionali e ne creano di nuovi. In questa trasformazione planetaria, un ruolo molto determinante sarà giocato da paesi che fino a poco tempo fa venivano considerati poveri o marginali, Cina e India, ad esempio.
Pensiamo davvero che sia possibile leggere questo quadro così dinamico e complesso, ragionando per blocchi con orientamenti politici omogenei, o ancora per classi omogenee? Sappiamo che alla fine il ragionamento sui divari economici si chiude categorie quali gli
umili e i migranti.
Sono letture sociologiche o etiche.
Restiamo umani è una categoria dello spirito, non politica.
In tutta sincerità non credo che si riesca a capire quanto sta accadendo se usiamo come griglia di lettura le categorie uniformi applicabili alla società industriale, negli ultimi due secoli. Quelle che consentivano di sentirsi parte di qualcosa di definito, le quali, in luogo di esperienze comuni favorivano la condivisione di visioni, azioni e creavano comunità.
La complessità della società post-moderna invece, esclude tutto ciò.
I nuovi rapporti economici creeranno istituzioni nuove, scompaginano le tradizionali culture politiche, rappresentano nuove comunità dove centrale non è l’identità di classe, bensì quella personale e sociale nella quale l’individuo si riconoscerà, non per nascita, bensì per scelta.
Non è la condizione reale che crea l’identità, è quello che ci sentiamo di essere. Certo è perfino un po’ folle, ma il mondo virtuale e i progressi scientifici, consentono di farlo. Basti pensare a tutto il tema dell’identità sessuale.
Per questa ragione credo che le culture politiche comunitarie stiano mostrando tutta la loro inefficacia nell’interpretazione della realtà, salvo forzare sulla piega ideologica e in modo autoritario (vedi cultura woke).


Se l’individuo diventa il centro, la tutela dev’essere in primo luogo dell’individuo in quanto tale, non in quanto rappresentante una categoria di persone. Anche perché nelle categorie, che individuano solo un aspetto della persona, ci sono, a volte differenze di condizioni enormi.
Chi mai avrebbe pensato a posizioni di politica estera come quelle di Trump solo alcuni anni fa? O ad una Russia ancora con mire espansionistiche anche solo una ventina di anni fa? O all’adesione alla NATO di paesi da sempre neutrali come Svezia e Finlandia?
Il mondo sta andando in direzioni che nessuno aveva previsto per una semplice ragione, tutto quello che sta accadendo oggi è assolutamente nuovo ed estraneo alle categorie politiche dei secoli scorsi.
Stanno crollando tutte le grandi certezze che hanno caratterizzato il novecento, secolo difficile e contradditorio, ma con situazioni definite: destra, sinistra, centro; NATO e Patto di Varsavia, imperialismo USA e URSS, ceti di riferimento, classe operaia, femminismo o patriarcato e perfino conservatori e progressisti.
Su quest’ultimo punto, in particolare, è necessaria una riflessione che vada più in profondità.

Chi mai avrebbe previsto solo un paio di decenni fa, un partito di estrema destra, AFD, guidato da una lesbica sposata ad una moglie extracomunitaria? Oppure la strana alleanza tra partiti

Da qui la necessità di sottolineare che, in primo luogo una società moderna, deve essere in primis liberale. Certo non è sufficiente.
Se il limite della cultura liberale ottocentesca è stata la distratta, per non dire inesistente, attenzione alle diverse condizioni economiche delle persone, da qui la nascita dei movimenti socialisti e comunisti, è necessario che ad essa si aggiungano altri elementi correttivi.
Le possibilità economiche rappresentano, infatti, un serio limite all’espressione di sé ed inibiscono il libero sviluppo delle soggettività degli individui.
È però altresì opportuno dire, senza infingimenti e ambiguità, che la maggiore libertà e le condizioni sociali migliori, anche per i lavoratori, non si sono verificate nelle società socialiste, bensì in quelle capitaliste, seppur con tutte le contraddizioni del caso.
Mi si dirà che ci sono esperienze positive di socialismo democratico, e sono d’accordo. Bisogna però essere molto chiari su questo punto: si tratta di esperienze maturate dentro un sistema capitalista.
In altre parole è necessario che nel nostro paese si verifichi quello che altrove è successo quasi settant’ anni fa , parlo della svolta di Bad Goderberg per l’SPD, e cioè che si accettino l’economia di mercato e la democrazia politica, come basi dalle quali partire per la propria azione.
In Italia, le culture politiche e storiche maggiormente rappresentative, marxista e socialista, cattolica e destra fascista, sono state marcatamente caratterizzate dall’anticapitalismo.
Nonostante tutto, ancora oggi, renderlo esplicito e dire quello che i tedeschi hanno scritto ormai nel 1958, suscita fastidio e l’ambiguità rimane.
Certo non significa dire che il capitalismo è tutto rose e fiori e non necessiti di correzioni, ma bisogna rompere il tabù. Il capitalismo non sarà forse il destino ultimo dell’umanità ma certamente è quello che ci aspetta in questo secolo.
C’è, inoltre, il bisogno di definire una linea di politica internazionale che prenda atto delle trasformazioni intervenute in questi ultimi decenni, altrimenti il rischio è che detti Trump detti la linea di giorno in giorno, smantellando tutta la complessa rete diplomatica e politica, costruita in oltre mezzo secolo.
Dalle crisi internazionali non ne usciamo con un generico terzomondismo o antioccidentalismo. Non funzionerà con Israele e Palestina e nemmeno con la guerra in Ucraina. Né parlando di una NATO che abbaia ai confini della Russia. Questo lo può dire il papa. La politica deve chiedersi come mai tutti gli stati al confine con la Russia hanno chiesto di aderire alla NATO.


Così come da quelle nazionali, non ne usciamo riproponendo soluzioni buone per fasi demografiche completamente diverse da quella attuale, chiedendo impossibili aumenti di investimenti finanziari nei settori chiave dello stato.
Va razionalizzato e corretto quello che c’è, evitando sprechi e prebende, sapendo che la pressione fiscale non può andare oltre. Soprattutto quella sulle imprese e il lavoro già messi sotto pressione dai BRICS.
In un mercato aperto, chi non trova le condizioni vantaggiose per rimanere, semplicemente si sposta, mentre noi abbiamo la necessità di trattenere le imprese, quindi anche il lavoro, sul nostro territorio.
C’è un sistema delle imprese da riorganizzare con economie di scala diverse, l’Italia ha una competitività molto bassa Italia, rispetto alla media U.E.
Se non aumenta , non crescono nemmeno i salari, che sono l’altro grande problema.
La crescita di posti di lavoro in settori a basso valore aggiunto, certo è positiva , ma non tranquillizza. Né d’altra parte si può continuare ad intervenire con misure assistenziali, che possono essere solo temporanee ed eccezionali, altrimenti non si modificheranno mai le sacche di economia assistita che in Italia sono ancora troppe. Sottolineo come sia sparita dal dibattito politico la questione meridionale, purtroppo ancora molto attuale.
E nemmeno cesseranno di esistere soggetti che, per definizione, non per necessità, devono essere a carico dello stato.
Infine esistono ancora enormi sprechi, a volte senza controllo, nello stato e nelle sue diramazioni, determinate dal rapporto preferenziali che si creano tra esso ed alcuni soggetti politici e sociali, finalizzati alla riproduzione del consenso.
Se le privatizzazioni o le esternalizzazioni non sono un dogma, né di per sé sono positive a prescindere dalle condizioni in cui si verificano, soprattutto se riproducono storture e sistemi clientelari, nemmeno l’intervento dello Stato è sempre risolutivo.
Anzi, spesso ingessa e moltiplica in modo esponenziale alcune situazioni di degrado e malcostume.
È compito di una società democratica cercare di eliminare le storture e gli ostacoli che derivano da condizioni di nascita e di contesto svantaggiate. Le possibilità di potere accedere a condizioni economiche che garantiscano una vita decorosa, sono un grande fattore di democrazia.
Questo intendiamo fare.
Se diversi cittadini si mettono insieme per dare luogo ad una nuova formazione politica, io credo non sia compito di nessuno mettere in discussione il loro diritto a farlo.
Ma questo partito sta di qua o di là? Non prendiamoci in giro.
In Italia il bipolarismo non è una condizione culturale, politica e storica precisa, come nei paesi anglosassoni.
È una forzatura determinata da una legge elettorale che distribuisce meno di un terzo dei seggi parlamentari, con i collegi uninominali.
Sia l’indicazione del premier, che le coalizioni, sono più consuetudini funzionali che dettati ordinamentali ed è quanto mai necessario che le alleanze non si costituiscano sugli schieramenti ma sui programmi e scelte condivise. Mentre ora nemmeno i partiti riescono più ad esprimere linee unitarie al loro interno.
Non mi pare che queste forzature abbiano garantito né governabilità, né qualità di governo.
Forse la necessità vera non è rimarcare le rispettive identità, sempre più incerte, peraltro, bensì lavorare per un accordo, il più possibile trasversale, per il rilancio dell’Italia.
Si sentiva la necessità di una forza politica che aprisse nuovi orizzonti? Io credo di sì.
Penso ci sia bisogno di un partito che si allontani il più possibile dai comitati elettorali che abbiamo visto moltiplicarsi nella seconda Repubblica, che si fondi sulla partecipazione attiva degli iscritti e non sul leaderismo personale o una sommatoria di correnti.
Naturalmente questo è opinabile, ma trattandosi di una forza politica in formazione, questa sarà la sfida.
proprietà letteraria

(*) Coord. Provinciale Partito Liberal-democratico - Como




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